è in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale il Decreto interministeriale 26 settembre 2023 del Ministero delle Imprese e del Made in Italy e del Ministero dell’Università e della Ricerca, recante le Linee guida previste dall’art. 65, comma 5, del codice di proprietà industriale – come riformato dalla legge 24 luglio 2023, n. 102 – in tema di invenzioni realizzate da ricercatori universitari (o di altri enti pubblici di ricerca), nel caso di ricerche finanziate, in tutto o in parte, da terzi.

Come noto, il novellato testo dell’art. 65 c.p.i. ha abolito il cosiddetto “professor’s privilege”, ribaltando il precedente approccio che assegnava la titolarità delle invenzioni istituzionali ai ricercatori che le avevano sviluppate. La titolarità è stata quindi trasferita alla struttura di appartenenza dell’inventore ed il ricercatore può autonomamente depositare la domanda di brevetto solo in caso di inerzia da parte della struttura, fermo in ogni caso il diritto del ricercatore di essere riconosciuto autore.

Il comma 5 dell’art. 65 c.p.i. prevede, tuttavia, che i diritti derivanti dall’invenzione realizzata nell’esecuzione di attività di ricerca svolta presso le Università (pubbliche o private), gli enti pubblici di ricerca o gli IRCCS, finanziata in tutto o in parte da altro soggetto (c.d. ricerca commissionata), devono essere regolati con specifici accordi tra le parti, redatti sulla base delle Linee guida interministeriali che individuano i principi e i criteri specifici per la regolamentazione dei rapporti contrattuali, anche al fine di agevolare i percorsi di trasferimento tecnologico e di valorizzazione delle invenzioni. Restano impregiudicati gli accordi conclusi tra le parti prima dell’emanazione delle Linee guida.

Va subito evidenziato come le Linee guida non chiariscano a chi debba essere attribuita la titolarità dell’invenzione in ipotesi di ricerca commissionata, e ciò tanto nei rapporti tra ricercatore ed Ente di appartenenza quanto in quelli tra Ente e soggetto finanziatore.

In ordine al primo profilo, le Linee guida sembrano presupporre che in tale ipotesi i diritti sull’invenzione spettino in via originaria all’Ente in qualità di datore di lavoro, che può pertanto disporne in via contrattuale con il finanziatore. Tale impostazione ricalca un orientamento già piuttosto consolidato in dottrina e confermato dalla prassi dell’UIBM (in tal senso, la Circolare UIBM 471/2005 adottata con riferimento all’impianto normativo pre-riforma).

Quanto, invece, ai rapporti tra Ente e soggetto finanziatore, le Linee guida non impongono un determinato regime di attribuzione dei diritti derivanti dalla ricerca commissionata – restando le parti libere di individuare il miglior assetto contrattuale – ma intendono orientare la negoziazione illustrando una serie di scenari alternativi che le parti possono valutare in funzione della concreta tipologia di ricerca e degli effettivi interessi coinvolti.

Nello specifico, le Linee guida individuano in via esemplificativa tre fattispecie contrattuali a cui ricondurre i rapporti di ricerca commissionata, a seconda dell’intensità dell’attività di ricerca:

a) contratti aventi ad oggetto attività di servizio, in cui l’Ente è chiamato a realizzare un’attività standard, con impiego di competenze o capacità tecnologiche consolidate e routinarie (es. esecuzione di analisi, sintesi, test, misurazioni, caratterizzazioni, preparazione di prodotti noti/standard, raccolta dati, indagini che non prevedano apporti specificamente originali e inventivi da parte del ricercatore dell’Ente);

b) contratti aventi ad oggetto attività di sviluppo, in cui l’Ente è richiesto di svolgere attività di ottimizzazione o selezione di prodotti/processi o applicazioni già in fase di sviluppo presso lo stesso soggetto finanziatore, il quale normalmente già dispone di conoscenze pregresse di natura proprietaria e talvolta anche già protette da privativa;

c) contratti aventi ad oggetto attività di ricerca innovativa, aventi ad oggetto progetti con una marcata propensione all’innovazione, quali, ad esempio, ricerche che portino alla soluzione di un problema tecnico o ad un nuovo prodotto o nuovo uso di un prodotto/applicazione del soggetto finanziatore.

In relazione a ciascuna di queste tipologie (ma il discorso rileva in particolare per i contratti di sviluppo e di ricerca innovativa, giacché di regola le attività di servizio non producono risultati suscettibili di protezione brevettuale), le Linee guida ipotizzano altrettanti scenari in ordine al regime del c.d. foreground, ossia le conoscenze attese dalla ricerca commissionata:

a) contitolarità dei risultati tra Ente e soggetto finanziatore;

b) titolarità esclusiva dell’Ente;

c) titolarità esclusiva del soggetto finanziatore.

La scelta tra i diversi regimi è rimessa all’autonomia negoziale delle parti, ciò nondimeno le Linee Guida suggeriscono una serie di accorgimenti atti a bilanciare l’interesse dell’Ente ad avere una sua visibilità e dimostrare la capacità di generazione di proprietà industriale, e quello del finanziatore di disporre liberamente e fin da subito dei risultati della ricerca commissionata, per valorizzarla sotto il profilo industriale e commerciale. E così, in ipotesi di contitolarità dei risultati, il contratto dovrà specificare sia chi debba farsi carico della brevettazione e dei relativi costi, sia le modalità e i tempi di trasferimento della quota di contitolarità dell’Ente in favore del soggetto finanziatore. Analogamente, in caso di titolarità esclusiva dei diritti in capo all’Ente (soprattutto quando il risultato inventivo sia conseguito direttamente dal ricercatore o dal gruppo di ricercatori dell’Ente), sarà opportuno disciplinare tempistiche e modalità di trasferimento, in capo al soggetto finanziatore, della titolarità dei diritti di sfruttamento dell’invenzione, affinché non venga meno la possibilità di valorizzare sin da subito a livello industriale i risultati della ricerca.

Quanto alla disseminazione dei risultati della ricerca mediante pubblicazione, le Linee guida stabiliscono che, nel rispetto dei vincoli contrattuali di non divulgazione, la documentazione elaborata dall’Ente in attuazione della ricerca commissionata, può costituire oggetto di pubblicazioni scientifiche previo accordo scritto tra Ente e soggetto finanziatore, precisando che l’eventuale mancato consenso del finanziatore che neghi del tutto la pubblicazione deve essere sempre puntualmente motivato e deve intervenire in tempi certi da definire preventivamente in sede contrattuale, anche mediante meccanismi di silenzio-assenso.

Si noti come né l’art. 65, comma 5, c.p.i., né tantomeno le Linee guida, chiariscano a chi spetti la titolarità dell’invenzione qualora il contratto tra Ente e soggetto finanziatore nulla dica sul punto. In assenza di chiare indicazioni normative, appare ragionevole non derogare al principio generale – condiviso in dottrina come in giurisprudenza – secondo cui il diritto al brevetto spetta al committente in tutte le ipotesi in cui l’attività inventiva sia prevista come oggetto del contratto e a tale scopo retribuita.

https://www.mimit.gov.it/it/normativa/decreti-interministeriali/decreto-interministeriale-26-settembre-2023-linee-guida-per-la-regolamentazione-dei-rapporti-contrattuali-tra-le-strutture-di-ricerca-e-i-soggetti-finanziatori

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