Con sentenza del 21 marzo 2024[1] la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che l’art. 180 della legge sul diritto d’autore, come modificato dal decreto legge del 16 ottobre 2017, n. 148, è contrario all’art. 56 TFUE, in combinato disposto con la direttiva 2014/26/UE[2], nella misura in cui esclude in modo generale e assoluto la possibilità per le entità di gestione indipendenti stabilite in altro Stato membro di prestare in Italia i propri servizi di gestione dei diritti d’autore.

Il rinvio pregiudiziale trae origine dalla controversia pendente dinanzi al Tribunale di Roma tra l’Associazione Liberi Editori e Autori (“LEA”), organismo di gestione collettiva dei diritti d’autore incaricato di licenziare il repertorio amministrato da Soundreef sul territorio italiano, e la Jamendo SA (“Jamendo”), società di diritto lussemburghese che opera esclusivamente online come entità di gestione indipendente dei diritti d’autore. Nella controversia dinanzi al giudice capitolino, LEA ha richiesto l’inibitoria dell’attività di intermediazione svolta da Jamendo sul territorio italiano, lamentando che la convenuta non è iscritta nell’elenco degli organismi legittimati all’intermediazione dei diritti d’autore in Italia tenuto da AGCOM, non possiede gli specifici requisiti previsti dall’art. 8 del D.lgs. 35/2017 che ha recepito la direttiva 2014/26/UE (c.d. direttiva Barnier) e non ha informato AGCOM prima di iniziare ad esercitare la sua attività in Italia, come previsto dal medesimo decreto.

Jamendo si è difesa eccependo l’errata trasposizione della direttiva Barnier, rilevando come in forza dell’art. 180 L.A. solo SIAE e gli altri organismi di gestione collettiva ivi indicati possano esercitare in Italia attività di intermediazione dei diritti d’autore, il che preclude alle entità di gestione indipendenti di operare nel settore, costringendole a concludere accordi di rappresentanza con SIAE o con altri organismi di gestione collettiva autorizzati.

Condividendo tale interpretazione della normativa nazionale, peraltro sostenuta anche da LEA, il Tribunale di Roma ha sottoposto alla Corte di Giustizia la questione pregiudiziale della compatibilità con la direttiva Barnier di una normativa nazionale che riservi a SIAE, e agli altri organismi di gestione collettiva stabiliti in Italia, l’attività di intermediazione dei diritti d’autore e, reciprocamente, escluda in modo generale e assoluto la possibilità per le entità di gestione indipendenti stabilite in un altro Stato membro di prestare in Italia i propri servizi.

Detto che secondo le definizioni di cui all’art. 3[3] della direttiva Barnier, le entità di gestione indipendenti (“EGI”) differiscono dagli organismi di gestione collettiva (“OGC”) in quanto non sono detenute o controllate dai titolari dei diritti e, soprattutto, perseguono fini di lucro, la Corte ha anzitutto precisato che la direttiva non armonizza le condizioni per l’accesso delle EGI all’attività di intermediazione dei diritti d’autore all’interno degli Stati membri e, pertanto, non osta ad una normativa nazionale – come appunto l’art. 180 L.A. – che riservi tale accesso agli OGC[4].

Ciò nondimeno, dal momento che in forza dell’art. 180 L.A. viene di fatto impedito a Jamendo di fornire in Italia servizi di intermediazione dei diritti d’autore in qualità di EGI, la Corte si è interrogata sulla compatibilità della normativa interna con altre disposizioni eurounitarie e, segnatamente, con la libera prestazione di servizi garantita dall’art. 56 TFUE.

Sotto questo profilo, i giudici europei hanno rilevato come, a differenza degli OGC, i quali sono stati oggetto di ampia armonizzazione per quanto concerne l’accesso all’attività di gestione dei diritti d’autore e dei diritti connessi, le modalità di governance nonché il quadro di sorveglianza, le EGI siano soggette, come risulta dall’art. 2, par. 4, della direttiva Barnier, solo ad un numero limitato di disposizioni della direttiva. In particolare le EGI:

(i) non sono soggette all’obbligo di concedere le licenze agli utilizzatori sulla base di criteri oggettivi e non discriminatori, essendo tenute soltanto a condurre in buona fede le negoziazioni per la concessione di licenze e a scambiare tutte le informazioni necessarie a tal fine;

(ii) non sono tenute a concedere ai titolari dei diritti che rappresentano una remunerazione adeguata quale corrispettivo per l’uso dei loro diritti;

(iii) non sono tenute ad applicare tariffe ragionevoli in rapporto, tra l’altro, al valore economico dell’utilizzo dei diritti negoziati e che tengano conto della natura e della portata dell’uso delle opere e di altri materiali protetti, nonché del valore economico del servizio fornito, essendo invece libere di applicare le tariffe che desiderano;

(iv) non sono obbligate a rispondere senza indebito ritardo alle richieste degli utilizzatori e ad offrire loro una licenza o, altrimenti, a giustificare i motivi per cui non intendono concedere licenza;

(v) non sono tenute a gestire i diritti dei titolari che ne fanno loro richiesta, il che implica che le EGI sono libere di scegliere le categorie di diritti più redditizie dal punto di vista finanziario e di lasciare agli OGC il compito di gestire le altre;

(vi) non sono vincolate dalle disposizioni della direttiva che disciplinano le condizioni di adesione, le modalità di governance e di sorveglianza, nonché i conflitti di interesse, né dalle disposizioni relative alle procedure di reclamo e di risoluzione delle controversie;

(vii) non sono soggette ai requisiti della direttiva in materia di gestione dei proventi dei diritti, il che consente loro di massimizzare i profitti;

(viii) non sono soggette all’obbligo di elaborare una relazione di trasparenza annuale.

In un simile scenario normativo, il trattamento differenziato che l’art. 180 L.A. riserva alle EGI rispetto agli OGC può essere considerato idoneo per conseguire l’obiettivo di protezione del diritto d’autore in modo coerente e sistematico, dal momento che la direttiva Barnier assoggetta le EGI ad obblighi meno rigorosi rispetto a quelli degli OGC relativamente ad aspetti cruciali quali la concessione delle licenze, la gestione dei proventi dei diritti, le modalità di governance nonché il quadro di sorveglianza[5].

Tuttavia, prosegue la Corte, l’esclusione tout court delle EGI dall’attività di intermediazione dei diritti d’autore, non costituisce una misura proporzionata all’obiettivo di protezione del diritto d’autore, che dovrebbe essere conseguito con strumenti meno lesivi della libera prestazione dei servizi, in particolare subordinando la prestazione di servizi di intermediazione dei diritti d’autore ad obblighi normativi specifici funzionali a tale obiettivo[6].

Donde la risposta della Corte alla questione pregiudiziale:

L’articolo 56 TFUE, in combinato disposto con la direttiva 2014/26/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sulla gestione collettiva dei diritti d’autore e dei diritti connessi e sulla concessione di licenze multiterritoriali per i diritti su opere musicali per l’uso online nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa di uno Stato membro che esclude in modo generale e assoluto la possibilità per le entità di gestione indipendenti stabilite in un altro Stato membro di prestare i loro servizi di gestione dei diritti d’autore nel primo di tali Stati membri.

La decisione della Corte costituisce indubbiamente un passo avanti verso la piena apertura concorrenziale del settore dell’intermediazione dei diritti d’autore, come auspicata dalla Commissione Europea – che nei mesi successivi all’entrata in vigore del D.lgs. 35/2017 aveva avviato una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia per il mancato recepimento della direttiva Barnier – e più volte rimarcata dall’AGCM: la scelta di liberalizzare “parzialmente” il mercato, escludendo del tutto le EGI, era stata criticata dall’Autorità già in sede di emanazione del decreto di recepimento, evidenziando come la riserva di esclusiva concessa ai soli OGC non fosse sorretta da alcuna esigenza imperativa di interesse pubblico connessa alla struttura ed al funzionamento del mercato[7].

D’altro canto, se è vero che le EGI costituiscono una realtà concreta in altri contesti, come ad esempio gli Stati Uniti e diversi Stati Membri, come la Bulgaria, Croazia, Finlandia, Grecia, Irlanda, Portogallo, Repubblica Ceca, Spagna e Ungheria, non possono essere tralasciati i rischi legati ad un incondizionato dispiegarsi della concorrenza sul mercato dell’intermediazione dei diritti d’autore. Qui la Corte non sembra necessariamente pensare, come invece aveva ritenuto l’Avvocato Generale nelle sue conclusioni[8], che la limitazione agli OGC vada a svantaggio dei titolari dei diritti; piuttosto, evidenzia la necessità di misure normative proporzionate, in grado di controbilanciare gli obblighi meno stringenti che la direttiva Barnier pone a carico delle EGI e che finiscono in ultima analisi per penalizzare i titolari dei diritti. Non va dimenticato, infatti, che l’art. 5, par. 2, della direttiva Barnier (e l’art. 4, comma 3, del D.lgs. 35/2017) prevede che solo l’organismo di gestione collettiva (e non anche l’entità di gestione indipendente) è obbligato ad assumere la gestione affidatagli dal titolare dei diritti, cosicché le EGI possono legittimamente rifiutarsi di amministrare opere che ritengano non sufficientemente redditizie.

Questa pratica c.d. di cherry picking, ove non adeguatamente regolata, rischia concretamente di far prevalere gli interessi degli autori di successo o dei grandi editori a discapito degli autori meno conosciuti, le cui opere non hanno uno speciale appeal sul mercato ma rappresentano solamente un costo aggiuntivo che incide negativamente nella fase di distribuzione dei proventi dei diritti[9]. Essa, inoltre, penalizza gli OGC che gestiscono repertori meno estesi, i quali sovente sono in grado di rientrare negli elevati costi fissi della gestione solo attraverso accordi di rappresentanza con organismi esteri maggiormente rappresentativi, grazie ai quali possono riscuotere una parte degli introiti provenienti dall’utilizzo, sui loro territori, di opere di fama internazionale. Di contro, tale modello di gestione risponde in maniera più efficace alla crescente domanda di fruizione via internet di opere protette da parte di utilizzatori individuali, i quali non hanno né i mezzi, né tantomeno la necessità, di ottenere l’accesso all’intero repertorio degli organismi di gestione collettiva.


[1] CGUE sentenza 21 marzo 2024, C-10/22, disponibile al seguente link: https://curia.europa.eu/juris/document/document_print.jsf?mode=lst&pageIndex=0&docid=284082&part=1&doclang=IT&text=&dir=&occ=first&cid=6862250.

[2] Direttiva 2014/26/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sulla gestione collettiva dei diritti d’autore e dei diritti connessi e sulla concessione di licenze multiterritoriali per i diritti su opere musicali per l’uso online nel mercato interno.

[3]Ai fini della presente direttiva si intende per:

a) «organismo di gestione collettiva»: un organismo autorizzato, per legge o in base a una cessione dei diritti, una licenza o qualsiasi altro accordo contrattuale, a gestire i diritti d’autore o i diritti connessi ai diritti d’autore per conto di più di un titolare dei diritti, a vantaggio collettivo di tali titolari come finalità unica o principale e che soddisfa uno o entrambi i seguenti criteri:

i) è detenuto o controllato dai propri membri;

ii) è organizzato senza fini di lucro;

b) «entità di gestione indipendente»: un organismo autorizzato, per legge o in base a una cessione dei diritti, una licenza o qualsiasi altro accordo contrattuale, a gestire i diritti d’autore o i diritti connessi ai diritti d’autore per conto di più di un titolare dei diritti, a vantaggio collettivo di tali titolari, come finalità unica o principale, il quale:

i) non è né detenuto né controllato, direttamente o indirettamente, integralmente o in parte, dai titolari dei diritti; e

ii) è organizzato con fini di lucro; (…)

[4] Punto 53.

[5] Punto 96.

[6] Punto 97.

[7] AGCM parere del 24/11/2017, n. AS14452, disponibile al seguente link: https://www.agcm.it/dotcmsDOC/allegati-news/AS1452.pdf

[8] Conclusioni dell’Avvocato Generale Szpunar, 25 maggio 2023, punto 92.

[9] Tale considerazione non è peraltro estranea alle conclusioni dell’Avvocato Generale, che rileva come sistemi latu sensu monopolistici di gestione dei diritti d’autore consentano agli artisti meno conosciuti ed alle opere destinate ad un pubblico più ristretto, segnatamente per ragioni culturali e linguistiche, di coesistere sul mercato in una posizione di parità con gli artisti più popolari presso il pubblico, senza che gli utilizzatori “peschino” nei repertori unicamente le opere più note e quindi più redditizie (Conclusioni dell’Avvocato Generale Szpunar, 25 maggio 2023, punto 5).



Autore